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Punto di Filo 25 Giugno 2024

La mia personale riflessione sulla settimana appena trascorsa e su un tema a me caro...
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Qualche giorno fa cercavo tra gli uncini della diga il famigerato 13A. Dopo un po’ che rovistavo nel cassetto, l’assistente mi fa: “Dottore, non ci sono” “Come non ci sono – sbotto immediatamente – ma se ne avevamo tre-quattro…”

Guarda caso mi accorgo che mancava anche il 27N che, tra parentesi, è uno dei miei preferiti (vabbè, sono tutti i miei preferiti. Anche l’8A). Comunque, non serve a niente incazzarsi: la colpa è sempre della distrazione che, nella frenesia del cambio poltrona, può portare un uncino abbandonato sul tray dritto dritto nel cestino di rifiuti. 

Per inciso, io penso che se uno si mettesse a cercare nelle discariche italiane, con quello che troverebbe potrebbe aprirsi una clinica di tutto rispetto. 

Questo incipit ci porta al tema di oggi: Nei principali cataloghi di materiali odontoiatrici il prezzo di un uncino varia tra i 12 e i 20 euro (iva esclusa). Posso dirti una cosa senza che te la prendi? Io mi sono rotto i coglioni. Mi sono rotto i coglioni che un pezzo di acciaio, dal valore produttivo di pochi centesimi di euro, fabbricato in Asia, lo debba pagare quanto pago un chilo di Speck.

Per fartela breve, vado su Aliexpress e, non mi vergogno a dirlo, gli stessi uncini li trovo a 56 centesimi ivati.

Amico mio, amica mia,  il mercato odontoiatrico sta cambiando. Se dieci anni fa Expo Dental riservava 50 cm quadrati al banchetto del cinese, l’edizione 2024 vantava stand asiatici di tutto rispetto. Magari parlavano un inglese che tu non afferravi e ti incartavano le frese in pacchetti venduti a peso, ma, stando a quello che mi hanno confermato i presenti, la loro presenza si faceva notare.
Il tempo delle lobby e dei cartelli commerciali sta per compiersi, e questo, lasciamelo dire, è un miracolo della globalizzazione cui dobbiamo essere grati: se infatti dobbiamo pensare a una odontoiatria sostenibile, non è più accettabile che ci vendano materiale di qualità cinese (senza nulla togliere) a prezzi da bottega artigianale. È aberrante.

Per farti un esempio vissuto sulla mia pelle, tre anni fa ho acquistato una stampante 3D da uno dei più famosi marchi di dispositivi per il dentale e mi sono ritrovato con un macchinario certamente performante, ma con un sistema chiuso e costi non indifferenti per quanto riguarda l’approvvigionamento delle resine, dei software e dei pezzi di ricambio. Su Amazon si trovano altri sistemi a prezzi accessibili che, è vero, non sono concepiti per il nostro settore, ma garantiscono risultati eccellenti (a patto di smanettarci un po’ all’inizio).

E mentre il mercato cambia di mese in mese, rinascendo ogni volta più forte dalle proprie ceneri, c’è ancora chi ti propone lo sconto del 30% se raggiungi un budget annuale concordato in anticipo.
Ma siamo idioti? Forse sì, forse lo siamo, ma perché io dovrei bermi sta storia dello sconto del 30%? Per carità, accetto tutto, ma quando mi si fanno questi discorsi devo trattenermi dal sorridere perché io, nel 2024, non mi sognerei mai di dire al paziente: “ti faccio il 30% di sconto”, e sai perché? Perché il paziente non è un idiota!  Mia nonna già negli anni ‘90, quando andavamo ad acquistare ai Grandi Magazzini Gabrielli, mi diceva: “Guarda, caro Filippo, per questo pupazzetto su cui leggi sconto, hanno semplicemente alzato il prezzo prima di applicare la promozione”.

È la prima regola del birbante! Ma davvero pensi che io sia così scemo da bermi la favola che rinunci a un 30% di margine per farmi lo sconto? La spiegazione razionale è che avete un margine talmente alto, che quel 30 per cento vi fa ridere. 

Mi dici di quale sostenibilità possiamo parlare se questo è il mercato? Qui non viene rispettato il rapporto domanda-offerta, perché l’offerta è troncata alla base.  Se tu avessi un’idea di quanto davvero valgono le cose che compri, andandole a cercare nei giusti canali, io ti assicuro che i brand che si occupano di forniture odontoiatriche chiuderebbero nell’arco di pochi, pochissimi anni.

La delocalizzazione della produzione ha portato grandi marchi ad affacciarsi all’estero, in quei paesi dove il costo del lavoro è inferiore, la pressione fiscale trascurabile e l’approvvigionamento di materie prime più semplice.

Risultato: prodotto economico, più margine per l’azienda. 

Fino a quando riesci a cavalcare l’onda dei protezionismi e puoi gestire questo bel magheggio, tutto bellissimo… ma arriva un momento in cui il sogno si infrange. Perché sai cosa fanno i cinesi? Prendono la tecnologia che tu gli dai da produrre, le cambiano il nome, fanno gli esperimenti e qualcuno alla fine riesce a fabbricare lo stesso prodotto, con la stessa qualità.

E allora, dimmi un po’, perché io dovrei comprare da te la stessa merce che Chen mi vende quasi a prezzo di costo?

E non mi parlare di imitazione perché in molti casi si tratta dello stesso prodotto che su Temu trovi a 40 centesimi, ma con una cazzo di serigrafia e un prezzo di 15 + iva. 

L’odontoiatria, come tutte le professioni, è globalizzata: questo significa che possiamo tranquillamente parlare di materiali dentali con il collega che si trova in Arabia Saudita. Allo stesso modo, su Aliexpress puoi leggere migliaia di recensioni scritte da utilizzatori sparsi in tutto il mondo. Perché non provi a comprarci, che ne so, un prichard? Tanto quello Hu-Friedy che paghi 100 euro, non lo vai comunque a sfresare quando fai l’odontotomia di un ottavo? E che cazzo, ti si rovina comunque!

“Eh, ma l’acciaio cinese si comporta diversamente in autoclave…” 
E’ vero,  è per questo che bisogna sforzarsi un po’. AliExpress, così come Temu, è un bazar: un insieme di piccoli e medi venditori che si mettono lì con i loro banchetti virtuali. Devi trovare il venditore buono, provare qualcosa e magari tornarci ad acquistare. 

Il mondo sta cambiando, e grazie a Dio. Lungi da me affermare che è tutta una questione di andare a risparmio per offrire una qualità minore, ma neanche morti! Il fatto è che sono stanco di essere trattato come un imbecille da spremere. Potrei fare lo stesso discorso sull’implantologia, sulla manipoleria, sui macchinari, sugli scanner cinesi che vengono brandizzati da marchi europei: stesso device, 7-8 mila euro di differenza. 

 

“Eh però se se hai un problema, almeno puoi contare sull’assistenza del fornitore. Altrimenti a chi ti rivolgi?”
Purtroppo è vero anche questo: non siamo ancora pronti ad affidarci direttamente ai produttori perché mancano i ponti di collegamento con l’Oriente. Ma per tutto ciò che riguarda la minuteria, puoi tranquillamente acquistare in Cina perché quando lo specillo non specilla più, o lo specchietto ti si graffia, prendi e lo butti, così come faresti con quello acquistato da Henry Schein.

Il mondo sta cambiando, e te lo dimostra il fatto che un discorso simile a quello che ti sto facendo oggi, pronunciato nel 2004, non avrebbe accolto nessuna attenzione. Anzi, nessuno si sarebbe mai immaginato di farlo. 

Mi raccontano alcuni colleghi più anziani che negli anni 90 c’era la guerra tra i commerciali per spartirsi le zone. Ognuno aveva il proprio monopolio in cui faceva il bello e il cattivo tempo. 

Andava così, giusto o sbagliato che fosse. Oggi non si dovrebbe più lavorare con una mentalità tanto obsoleta: è chiaro che ci sono ancora colleghi che continuano a riflettere in questi termini, assicurando per qualche altro anno il pane a questi dinosauri del commercio, ma ritengo che nel 2040 (tra soli 16 anni) ci saremo dimenticati di come funzionavano i cataloghi, delle loro politiche commerciali e dei fantomatici sconti. Me lo auguro.  

Purtroppo veniamo ancora bombardati da rappresentanti, volantini, da banner pubblicitari, e-mail, broadcast che ci rimandano a questo sistema e, per quella che è la nostra zona di comfort, l’area di cui parla Thaler nel suo libro The Nudge, la spinta gentile, è più facile attingere a queste fonti invece di andare a cercare. 

Ma, pensaci un attimo, cercare vuol dire risparmiare un sacco di soldi che si tramutano in aumento di margine senza dover incidere sul portafoglio del paziente. 

Perché, porca zoccola, i tecnici aumentano i listini, le ditte aumentano i listini, i fornitori aumentano i listini, le utenze aumentano i listini… L’ultimo anello della catena, ovvero il dentista, cerca di non compensare tutti questi aumenti incrementando l’onorario (come si evince dall’ultima congiunturale di ANDI), ritrovandosi una contrazione non tanto dei fatturati quanto del reddito.

 

Facciamoci furbi: vogliamo davvero un’odontoiatria sostenibile? Cominciamo dal basso, dato che dall’alto non arrivano aiuti.

Filippo 

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