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LASCIARE IL DENTE APERTO O CHIUSO?

Lasciare o meno il dente aperto quando abbiamo un’urgenza endodontica è un dilemma che ci portiamo dietro da sempre. Tra consigli aneddotici, gesti scaramantici e “si è sempre fatto così”, spesso ci ritroviamo......
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Episodio 1 di Tribù Odontoiatrica con il dott. Teocrito Carlesi

Lasciare o meno il dente aperto quando abbiamo un’urgenza endodontica è un dilemma che ci portiamo dietro da sempre. Tra consigli aneddotici, gesti scaramantici e “si è sempre fatto così”, spesso ci ritroviamo combattuti tra il nostro io logico (“se glielo chiudo non è che comprime e sbatte la testa dal dolore?”), l’io egoista (“se glielo chiudo non è che mi chiama stanotte?”) e l’io scientifico (“Se NON glielo chiudo non è che si contamina?”). A vincerla, alla fine, è l’io che strilla più forte e, spesso, si tratta di quello sbagliato.

Perché non ci sono corsi di endodonzia o odontoiatria in generale che tengono: quando ci troviamo di fronte al paziente che geme dal dolore, tutto quello che ci appariva limpido, le solide basi dell’odontoiatria moderna insomma, sembra scemare in un colpo di vento e, per operare la scelta corretta, è necessario mantenere i nervi saldi. Non quelli del paziente, ovviamente. 

Con la speranza di dissipare i dubbi e le pippe mentali che ci assillano in questi momenti, abbiamo fatto la domanda sfacciata a un grande della endodonzia italiana, il dottor. Teocrito Carlesi

Già allievo del Prof. Vinio Malagnino e responsabile del dipartimento di endodonzia dell’Università di Chieti, Teocrito ha aperto volentieri il suo bagaglio esperienziale riuscendo, nel giro di pochi minuti, a chiarire ogni dubbio anche a quel testone del dott. Chelli.

Con il nostro primo super ospite diamo il via a un percorso che noi di Toothem siamo certi potrà rivelarsi essenziale nel dipanare le piccole grandi questioni che ci assillano ogni giorno. 

In particolare, in questa puntata, scoprirai:

  1. Quando è possibile, anzi obbligatorio, lasciare il dente aperto (e come farlo);
  2. Quali sono le patologie endodontiche.
  3. Cos’è, quando si manifesta e come si tratta il flare up endodontico.
  4. Cos’è la variabile paziente, e perché è fondamentale saperla gestire.

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Trascrizione ragionata

Il discorso di lasciare il dente aperto si fa in rari casi: soprattutto quando il dente drena per via coronale. C’è un ascesso apicale acuto in atto in cui tu per via ortograda vai a far drenare: lo vedi subito perché il paziente ha sollievo nel momento in cui tu fai l’apertura. Spesso succede nei denti che sono vergini ma necrotici: già alla sola decompressione, all’apertura, il paziente ha un grosso sollievo e vedi che drena dalla corona e quindi inevitabilmente in quei casi è giusto lasciare un batuffolo di ovatta all’interno della camera semplicemente per far decomprimere ancora questo ascesso che sta drenando per via coronale. Dopo due giorni, però il paziente va rivisto e va completata la terapia. 

Mai lasciare un dente aperto per più di due tre giorni: rischi di complicare una situazione perché se c’è già un’infezione hai una sovrainfezione per via coronale. Non si lascia mai aperto un dente in pulpite.

Abbiamo tre tipi di pulpite:

  1. Pulpite reversibile sintomatica
  2. Pulpite irreversibile sintomatica
  3. Pulpite irreversibile asintomatica

Da lì in poi si possono distinguere:

  1. Paradentite apicale cronica
  2. Paradentite apicale acuta
  3. Ascesso apicale acuto

Questa classificazione elenca le patologie secondo un percorso di gravità, c’è tutto un percorso diagnostico che uno deve saper fare. Deve prima avere delle idee chiare riguardo le varie tipologie endodontiche. È giusto dare il nome giusto alle cose e quindi a quel dente gli si deve dare la precisa diagnosi, inquadrarla, a quel punto poi si può fare tutto il ragionamento.

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    DOMANDA: C’è il rischio anche solo in questi due giorni di una contaminazione batterica dalla bocca al canale? 

    E’ in atto il drenaggio che non termina nel momento in cui tu decomprimi. Il paziente già sta prendendo un antibiotico: tu devi intervenire perché continua ad avere dolori. Nel momento in cui tu fai l’apertura ti renderai conto che drena, e può drenare parecchio. E non è che in quel quarto d’ora che tu esegui l’apertura finisce il drenaggio, quindi si lascia il dente aperto con il cotone per permettere di continuare a drenare per via coronale perché non ha ancora fistolizzato. Se c’è fistola non ha logica, ma sei in un’altra fase dell’ascesso: sei nella fase discendente, in cui già ha avuto gonfiore, dolore e quant’altro, e quindi non sei nell’urgenza vera e propria.

    A quel punto, se hai tempo, puoi medicarlo, se riesci ad asciugarlo. Per quello massimo due giorni, perché in due giorni tu gli dai un batuffolo di cotone che mette quando mangia semplicemente per evitare che il cibo vada dentro. Questa è l’eventuale ipotesi di lasciarlo aperto. In alternativa non vedo casi. In ospedale, nei servizi pubblici, magari c’è più probabilità di incontrare questi eventi. Nello studio la media di questa situazione insomma è abbastanza bassa. Se mi chiedi: “Quante volte quest’anno hai lasciato un dente aperto?”, forse nel 2022 ancora non mi è capitato, eppure io faccio un bel po’ di denti!. 

    Cosa diversa è che tu ritratti un dente che ha una grossa lesione okay e ha avuto una riacutizzazione. Ha un fastidio, non è ancora è gonfio; tu inizi il ritrattamento e come arrivi in apice, perché hai bypassato la vecchia otturazione, inizia a drenare un po’: a quel punto se aumenti la strumentazione puoi anche arrestarlo e quindi medicare con l’idrossido di calcio. Sicuramente in quei casi se già il paziente sta prendendo l’antibiotico, glielo fai continuare, in alternativa lo puoi prescrivere. 

    Il flare up endodontico non è nient’altro che un episodio. Immaginiamo un dente necrotico asintomatico che ha lesione, tu apri e chiudi; stesso caso per un ritrattamento. Dopo tre giorni il paziente può gonfiarsi. Perché? Perché nel nostro atto di strumentazione, dei lavaggi e quant’altro, abbiamo potuto alterare un equilibrio. E’ stato asintomatico per anni, ma con il nostro trattamento possiamo aver “buttato” batteri oltre apice: trasportato qualcosa che ha cambiato questo equilibrio e che ha determinato un’azione di riacutizzazione. 

    E quindi che fai, riapri il dente? No! Dai l’antibiotico! Avverti il paziente: se nell’arco di due-tre giorni gonfia, pulsa e batte, deve prendere l’antibiotico. Ma questo è normale. È come se fosse un intervento di microchirurgia in cui tu non puoi dare la sicurezza che non accade, anche perché se tu metti solo idrossido di calcio può succedere lo stesso, e quando poi lo andrai a richiudere, magari dopo un mese, può comunque succedere!

    Quando necessari, i trattamenti farmacologici, così come l’esecuzione di un’efficace anestesia locale, sono obbligatori! Altrimenti uno continua a farsi guidare dalla sensibilità del paziente, dai sintomi, e questo è molto sbagliato. 

    Così come per la lunghezza di lavoro. C’erano detti antichi in cui il sentire l’apice, l’affidarsi al sintomo che il paziente ti avverte… follia! L’endodonzia moderna non è questo.

    Facciamo una microchirurgia che deve essere precisa e dev’essere chiara, con tutti gli strumenti che noi oggi, per fortuna, abbiamo a disposizione.

    Devi quindi eliminare tutte le variabili, e la variabile paziente è la prima da eliminare. E quindi fare l’anestesia anche sui denti necrotici, far l’anestesia anche nei ritrattamenti. Io eseguo tronculari anche quando faccio dei ritrattamenti per non avere alcun tipo di problema nell’atto di strumentazione, ma anche per una tranquillità da parte del paziente. Devi lavorare come se dovessi lavorare con un dente estratto.

    Perché tutto l’essenziale lo abbiamo dal rilevatore apicale, dalla nostra diga, dalle nostre radiografie e quant’altro. 

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    Abstract – english version –

    Leaving the tooth open or not when we have an endodontic urgency is an old but gold dilemma blowin’ in our minds. Through anecdotal advices, superstitious gestures and “it has always been done this way”, we often find ourselves torn between our logical self (“if I close it, will it make his head explode?”), the selfish self (“if I close, will he call me tonight? “) and the scientific self (“If I DO NOT close it, will it contaminate? “). In the end, it is the self that screams loudest and, often, it is the wrong one that wins it.

    Because no matter how many endodontic or dentistry courses we’ve made: when we find ourselves in front of the patient who groans by pain, everything that seemed clear to us, the solid foundations of modern dentistry in short, seems to wane in a gust of wind and, to operate the correct choice, you need to keep your nerve. Not those of the patient, of course.

    With the hope of dispelling the doubts that haunt us in these moments, we asked the cheeky question to a great Italian endodontic specialist, Dr. Teocrito Carlesi.

    Former student of Prof. Vinio Malagnino and head of the endodontic department of the University of Chieti, Teocrito gladly opened his experiential baggage managing, within a few minutes, to clarify any doubts.

    With our first super guest we start a path that we at Toothem are sure will prove to be essential in unraveling the little big issues that haunt us every day.

    In particular, in this episode, you will discover:

    1. When it is possible, indeed obligatory, to leave the tooth open (and how to do it);
    2. What are the endodontic pathologies.
    3. What is endodontic flare up, when does it occur and how to manage it.
    4. What is the patient variable, and why it is essential to know how to manage it.

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