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Articolo 08-03.11.2023

E con questa sono otto settimane ininterrotte di Newsletter! In questi (quasi) due mesi, abbiamo cercato di portare direttamente nella tua casella email alcuni spunti interessanti per la professione e la crescita personale...
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 Buona lettura,

Filippo!

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COSA LEGGERAI OGGI :

News del settore : un nuovo quiz on-line da proporre ai pazienti, Radiografie ottavo incluso e NAI
Approfondimenti: : Osteonecrosi dei mascellari farmaco correlata (Parte 3)
Un pilastro della Letteratura : Lima RBW, Bonding Efficacy of Universal Resin Adhesives to Zirconia Substrates: Systematic Review and Meta-Analysis
Il Punto di Filo: 
Networking e Collaborazioni
Annunci
Prossimi appuntamenti in sede (e online)
Libro della settimana : “L’uomo in cerca di senso. Uno psicologo nei lager e altri scritti inediti”; Viktor Frankl
Citazione della settimana

NEWS DEL SETTORE

  1. Il 43° Mese della Prevenzione Dentale ANDI – Mentadent si è appena concluso. Tuttavia, la prevenzione è un’attività che si protrae per tutto l’anno e gli strumenti forniti nell’ambito di questa iniziativa rimangono disponibili. Una delle aggiunte più rilevanti del 2023 è il test “Quanti anni ha il tuo sorriso?”, che può essere effettuato online sul sito andi.it o direttamente attraverso il link: https://quantiannihailtuosorriso.it/. Per i professionisti del settore, è possibile usare questa opportunità per incoraggiare i pazienti, in particolare quelli meno attivi, a effettuare il test e a prenotare una visita di controllo, soprattutto se i risultati indicano la necessità di ulteriori cure dentali. 
  2. DA INSTAGRAM: Segni radiografici della prossimità di ottavo incluso e NAI

APPROFONDIMENTI :

PARTE 3/3

Osteonecrosi dei Mascellari farmaco-relata
L’argomento di oggi è il secondo dei tre approfondimenti sulle osteonecrosi farmaco-correlate. Per leggere la prima parte vai qui; per la seconda parte vai qui. Ho chiesto alla Dottoressa Marianna De Nale, nostra collega e utente molto attiva sui vari gruppi del settore, il permesso di poter prendere una sua schematizzazione delle linee guida 2020 e inserirla (ulteriormente schematizzata) all’interno della nostra Newsletter.

Ipotesi Patogenetiche 😷
Se nonostante tutte le misure preventive si dovesse verificare la patologia, le ipotesi patogenetiche sono:

Infezione primaria, osteomielite con tendenza alla cronicizzazione Infezione secondaria all’osteonecrosi

Terapia Medica 💊
Terapia antibiotica precedentemente descritta per 7/14 giorni
Clorexidina 0,12% alcolica, 0,2% non alcolica per 2/3 settimane.
Mantenimento: Clorexidina 0,12% non alcolica 2 volte al giorno, acqua e bicarbonato, acqua ossigenata.
Terapia antidolorifica: FANS, OPPIOIDI, KETAMINA, NEUROLETTICI. Gestione affidata agli specialisti in terapia antalgica.
Valutazione del dolore con scala VAS.

Trattamenti Speciali 🌡️
TERIPARATIDE: Uso in ONJ farmaco refrattaria, sconsigliato in oncologici con metastasi ossee.
OZONOTERAPIA: Favorisce processo di autosequestrazione e stimola angiogenesi.
LASER-TERAPIA: Riduzione del dolore, dell’edema e altre sintomatologie.
OSSIGENOTERAPIA IPERBARICA: Non consigliabile, solo come ausilio sintomatico.

Terapia Chirurgica 🩺

Il trattamento può includere la rimozione dell’osso coinvolto e altre procedure. E’ fondamentale identificare il tessuto e l’osso coinvolti. Esistono varie tecniche e strumenti di diagnosi come la RM e la valutazione del sanguinamento osseo.

Monitoraggio e Recidive 🔄
Le recidive post intervento avvengono solitamente entro 6 mesi e comunque entro l’anno. Quindi, il monitoraggio deve avvenire per almeno un anno.

Tecniche Chirurgiche 🗡️
OSTEOPLASTICA DI SUPERFICIE: Minimamente invasiva
CURETTAGE DENTO-ALVEOLARE: Asportazione del tessuto osseo necrotico
SEQUESTRECTOMIA: Asportazione del sequestro
CHIRURGIA RESETTIVA: Asportazione in blocco dell’osso patologico

Fonte:
Raccomandazioni clinico-terapeutiche sull’osteonecrosi delle ossa mascellari (ONJ) farmaco-relata e sua prevenzione

UN PILASTRO DELLA LETTERATURA
Ogni settimana, un articolo scientifico che non puoi non conoscere!

L’articolo di oggi è una recente revisione della letteratura con metanalisi che valuta l’efficacia degli adesivi universali sulla zirconia. Sappiamo, infatti, che i protocolli tradizionali richiedono l’utilizzo di primer a base di fosfato, ma i progressi della ricerca in campo merceologico e chimico hanno fatto passi da gigante, e questo studio sembra dimostrarlo. Buona lettura!

Lima RBW, Silva AF, da Rosa WLO, Piva E, Duarte RM, De Souza GM. Bonding Efficacy of Universal Resin Adhesives to Zirconia Substrates: Systematic Review and Meta-Analysis. J Adhes Dent. 2023 Feb 6;25(1):51-62. doi: 10.3290/j.jad.b3868649. PMID: 36744830.

📊 Ricerca Approfondita
Una ricerca sistematica su PubMed, Scopus e Web of Science ha incluso 23 studi che hanno messo a confronto gli adesivi universali con i tradizionali primer a base di fosfato o fosfato-silano sulla zirconia.

Risultati
Si è scoperto che gli adesivi universali hanno una resistenza del legame significativamente maggiore rispetto ai primer a base di fosfato, specialmente su zirconia non sabbiata. Ancor più interessante, gli adesivi universali mostrano prestazioni paragonabili ai primer fosfato-silano dopo sabbiatura della superficie.

💡 Implicazioni Cliniche
Questi risultati indicano che gli adesivi universali potrebbero essere un’opzione efficace e versatile per l’adesione alla zirconia, offrendo una nuova prospettiva nel nostro approccio ai trattamenti protesici.

IL PUNTO DI FILO
La mia personale riflessione sulla settimana appena trascorsa e su un tema a me caro.

Fai tutto quello che è necessario (SPOILER: non è così facile)

Quello che ti voglio raccontare questa settimana è un’esperienza che mi ha coinvolto giovedì sera, in consulenza a settanta chilometri da casa.
Paziente delle 18 arriva alle 18:15, ma deve solo prendere una impronta su impianti: metto in preventivo di impiegarci un’ora al massimo. Tra la compilazione dei diari e i vari convenevoli, alle otto meno un quarto dovrei trovarmi al volante, così da poter raggiungere casa prima delle nove. Niente di più sbagliato.
Per fartela davvero breve, ho perso un’ora e mezza a far scendere i transfert su due impianti esagono esterno (a titolo informativo, parliamo di un’arcata inferiore con sestante 5 dentato e fixtures su 44-46-47-34-36-37). A livello radiografico c’era un fottutissimo gap di circa 0,5 mm.
Le ho pensate davvero tutte, cercando di escludere ogni variabile. Alla fine ho addirittura aperto un lembo per poter controllare l’accoppiamento a occhio nudo e sincerarmi che non ci fosse alcun ostacolo dei tessuti duri e molli. Non c’è stato nulla da fare: quel maledetto gap era ancora presente.
A questo punto ti chiederai quale sia stata la soluzione a questo dilemma. La triste verità è che non lo so, e forse non lo saprò mai.
Quello di cui sono certo è che il problema non dipendesse da un fattore relativo alla biologia del paziente o alla qualità dei transfert, e questo, sebbene non soddisfacente, al momento mi basta.
Compilando il mio post-mortem al termine dell’intervento, ho avuto almeno la magra consolazione di aver fatto davvero il massimo.
Ed è questo ciò di cui ti volevo parlare oggi. Spesso non è necessario dare il 100% per fare la cosa giusta, ma dare il 100% è sempre fare la cosa giusta.
Te lo ripeto perché ti entri bene nella testa: spesso non serve impegnarsi al massimo per fare la cosa giusta, ma quando ti impegni al 100% fai sempre la cosa giusta.

Purtroppo è più facile a dirsi che a farsi.

Arrivati alle 20:30, stremati da una intensa giornata lavorativa, il morale collettivo era davvero apicale. La paziente, con la gengiva aperta e il telefono che le squillava incessante da dentro la borsa, continuava a lamentarsi. “Sono proprio stufa”, ripeteva, e io capivo che non era la rabbia a muoverla, ma la frustrazione per una situazione che non pareva volersi risolvere. Anche l’ASO mi fissava da dietro la visiera, e il suo sguardo mi supplicava pietà. Pietà e misericordia.
Non ti nascondo che sono stato tentato di battere in ritirata: il pensiero di gettare alle ortiche quell’unico momento giornaliero dedicato ai figli e a qualche innocua distrazione mi devastava. Quei cazzo di transfert mi stavano rovinando tutti i programmi.
C’è mancato davvero poco, ma alla fine mi sono messo a fare quello che dovevo fare: fissati i transfert, sono andato in laboratorio a bucare il cucchiaio.
Notando lo sconforto dipinto sulle facce delle mie due compagne di sventura, ho imbastito un discorsetto motivazionale, non tanto per convincere loro, quanto per esortare me.
Il buon David Goggins, di cui ti ho consigliato la lettura qualche settimana fa, ama ripetere: “non ti fermi quando sei stanco, ti fermi quando hai finito”. E’ una frase del cavolo, lo capisco, ma a volte si dimostra davvero utile a darti quel pizzico di rassegnazione necessaria a rimboccarti le maniche e stringere i denti per l’ultimo sprint.
Dimessa finalmente la paziente erano le 21:15, e prima di farmi i miei cinquanta minuti di auto dovevo ancora compilare il diario e il report sull’incidente appena accaduto.
Vedendomi indaffarato davanti al computer, l’ASO, ormai cambiata e pronta a uscire, mi ha chiesto chi me lo facesse fare, sventolandomi in faccia, uno per uno, tutti i pensieri che mi avevano sfiancato neanche tre quarti d’ora prima.
Già, chi me lo fa fare, mi sono chiesto anch’io, mentre la osservavo dietro le lenti dei miei Univet. La verità è che nessuno te lo fa fare, credo di averle risposto dopo una manciata di secondi. Nessuno ti obbliga ad andare avanti, e non ci sono salite che devi percorrere per forza. Ma quello che non ti va di fare, spesso coincide proprio con quello che devi fare.
E prima lo accetti, prima puoi fare pace con il tuo cervello. Perché nessun sano di mente si torturebbe al punto da spingersi oltre il limite imposto dalle proprie resistenze naturali. Tendiamo naturalmente a ricadere all’interno della confort-zone e questo meccanismo ci ha salvati quando, in epoche lontane, allontanarci di notte dall’accampamento poteva voler dire finire sbranati dai predatori.
Sebbene le cose oggi vadano diversamente, certi meccanismi ancestrali funzionano ancora così e, paradossalmente, invece di lavorare al nostro miglioramento, possono finire per limitare il nostro potenziale.
Chiamalo senso del dovere, chiamala responsabilità, chiamala abnegazione, chiamala essere coglioni, insomma, chiamala come vuoi. Ma la prossima volta che ti troverai in una situazione simile alla mia, quando arrivato pericolosamente prossimo al punto di rottura, dovrai scegliere se dare ancora qualcosa perché non hai finito, ebbene, in quel preciso momento in cui tutto ti spinge a rinunciare, chiediti qual è la cosa giusta da fare e, se da una remota regione corticale una vocina ti suggerirà la risposta, scegli deliberatamente di avanzare.
Ho scritto deliberatamente perché devi assumerti la piena responsabilità della tua scelta. L’imprevisto ti è capitato magari per una botta di sfiga, magari perché hai sbagliato qualcosa a monte, non importa. Ciò che conta è come tu reagisci a ciò che è successo, e una volta che decidi di andare fino in fondo, vivilo come una scelta che appartiene soltanto a te. Se riuscirai in questa impresa titanica (e ti assicuro che ci vuole tanto addestramento), cambierà tutto e finalmente potrai assaggiare il tuo vero potenziale. All’improvviso troverai una motivazione tale da farti mettere da parte tutti quei rimpianti e le frustrazioni tipiche di chi si sente una vittima inerme delle circostanze.
Hai scelto una professione che ti richiede qualcosa di più alto che mettere una vite nell’osso o un po’ di gutta all’interno di un canale. E questo discorso vale, con i dovuti accorgimenti, anche per le tue assistenti. Il loro lavoro è molto più importante di quello che c’è scritto sul contratto di assunzione, così come la loro opera vale molto di più del loro stipendio. Prima le abitui a credere a questo, prima ti ritroverai al fianco dei veri e propri guerrieri. Ricorda che loro imparano da te ciò che possono diventare nel corso della carriera, quindi è solo una tua responsabilità metterle nelle condizioni di abbracciare la loro vocazione fino in fondo. E’ chiaro che se le tratti male, non le paghi le ore di straordinario e non ti interessi alla loro formazione, alla fine ti manderanno a cagare, o, nella migliore delle ipotesi, non daranno mai un unghia in più di quello che sentono di valere ai tuoi occhi. E sarà tutta colpa tua.
Ma, se nonostante tutto quello che farai per loro, ti accorgerai che alla fine sceglieranno sempre la strada a minor resistenza, devi essere abbastanza forte da lasciarle andare. Non ti puoi permettere che un comportamento contrario alla tua leadership contagi l’animo del gruppo.

In conclusione, per non andare troppo off-topic e lasciarti con la sensazione di non averci capito nulla, ricordati chi sei e cosa ti spinge a dare il massimo perché nei momenti in cui vorrai mollare, l’attingere a questa riserva potrà fornirti l’ultima spinta, quella di cui hai bisogno. Cerca con il tuo esempio di ispirare chi lavora insieme a te affinché si instauri una cultura di resilienza collettiva. Dai ciò che è giusto ai tuoi collaboratori, ma sii esigente al punto da selezionare chi merita di crescere nella squadra.

Alla fine fare ciò che è giusto paga. Con gli interessi.
A presto,

Filippo

ANNUNCI
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NETWORKING E COLLABORAZIONI

Stai cercando collaboratori? Vuoi offrire la tua consulenza? Scrivici su info@toothem.com, questa è la sezione che fa per te!
Endodontista in zona Fermo

Cercasi consulente endodontista/conservatore a Fermo per collaborazione in studio già avviato. Per info rispondere direttamente a questa mail.

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PROSSIMI APPUNTAMENTI

4 Novembre : WEBINAR Surgical anatomy applied to clinical periodontology
10-11 Novembre : CORSO Intarsi
11 Novembre : Corso blsd 50 Ecm
18 Novembre : WEBINAR II Purpose e leadership per il team odontoiatrico
25 Novembre : Congresso Chirurgia : I GIORNI DELL’IMPLANTOLOGIA MODERNA Prima Edizione
26 Novembre : Corso blsd 50 Ecm
16 Dicembre: Corso blsd 50 Ecm

LIBRO DELLA SETTIMANA

L’uomo in cerca di senso. Uno psicologo nei lager e altri scritti inediti– Viktor Frankl –

Non è certamente un caso se il libro che ti consiglio oggi sia uno tra i più consigliati al mondo. Viktor Frankl, psichiatra sopravvissuto all’Olocausto, ha ispirato milioni di persone con il suo libro che riflette sull’essenza umana. “La vita vale la pena di essere vissuta in qualsiasi situazione”, afferma Frankl, trascendendo la sofferenza e le situazioni limite. In poco più di un centinaio di pagine, l’autore ha rivoluzionato l’interpretazione comune di una delle più grandi tragedie della storia umana, narrando la propria esperienza all’interno dei campi di concentramento.
Il suo messaggio tocca le profondità dell’umanità e ci ricorda che possiamo trasformare la tragedia in trionfo. La sua storia e il suo insegnamento sono ancora potenti e rilevanti, incoraggiandoci a scoprire il meglio di noi stessi nonostante le avversità.
 
Da leggere, meditare e regalare.

Acquista il libro qui

CITAZIONE DELLA SETTIMANA

“Sii come lo scoglio su cui s’infrangono incessantemente i flutti: saldo, immobile, e intorno ad esso finisce per placarsi il ribollire delle acque “
<< Me infelice perché mi è capitata questa disgrazia!>> Nient’affatto. Al contrario: << Me felice, perché, malgrado la disgrazia che mi è capitata, continuo imperterrito, non abbattuto dal presente né spaventato dal futuro >>. Una sventura del genere sarebbe potuta infatti capitare a chiunque, ma non tutti sarebbero stati capaci di continuare imperterriti. […] Ricordati, del resto, il seguente principio: non è una disgrazia, questa, mentre è una fortuna il sopportarla coraggiosamente>>”

Marco Aurelio, Pensieri; Libro IV, 49.

Alla prossima!

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