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Articolo 02-15.01.2024

Questa storia degli UDI ha messo un po’ in subbuglio la comunità odontoiatrica. Tra conferme, smentite (e i soliti che ci lucrano), ancora non sappiamo il da farsi: ultimo in ordine cronologico, un messaggio con riferimenti al decreto che, per il momento, parrebbe escludere un coinvolgimento della nostra categoria...
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Per non sbagliare, seguirò i consigli forniti da AIO (che trovi all’interno di questa Newsletter), così da poter avere una ulteriore, nuova rottura di coglioni da ottemperare. La burocrazia e non la concorrenza ucciderà gli studi mono-professionali. Non dimenticarlo.

Buona Lettura

Filippo

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COSA LEGGERAI OGGI :

NEWS DEL SETTORE

AGGIORNAMENTI

  1. A partire dal 15 gennaio 2024, gli studi odontoiatrici dovranno conformarsi al Regolamento UE 745/2017 sui Dispositivi Medici, che mira a garantire la tracciabilità dei dispositivi medici immessi sul mercato. È obbligatorio per gli odontoiatri registrare e conservare il Codice Unico di Identificazione (UDI) dei dispositivi medici di classe III e classe II. Questo codice, fornito dai fabbricanti, è composto da una parte identificativa del dispositivo (UDI-DI) e una identificativa della produzione (UDI-PI) ed è leggibile sia dalle macchine (tramite codice a barre o QR code) sia dall’uomo.
    Tra i principali dispositivi da registrare e conservare ci sono impianti dentali, membrane e biomateriali. La registrazione deve avvenire elettronicamente, con la conservazione delle informazioni per un periodo minimo di 15 anni. Le associazioni odontoiatriche come ANDI e AIO offrono soluzioni software e file Excel per agevolare questo processo, che può includere la registrazione del nome del paziente e la data dell’intervento. A tal riguardo, il segretario sindacale AIO offre i primi suggerimenti per poter impostare un documento a norma di legge (e a costo 0):

    “Noi consigliamo di formare un file excel specifico dove caricare in entrata il dispositivo impiantabile tramite lettore di codice elettronico (QR CODE/ codice a barra) oppure manualmente (carico) e successivamente abbinarlo al paziente nel momento in cui viene impiantato (scarico). I dati potranno essere facilmente esportati su richiesta degli organi competenti. Il foglio dovrebbe contenere in tutto otto campi:

    • cinque da riempire all’acquisto e cioè: tipologia – impianto, membrana etc – marca, data di acquisto ed i due identificativi UDI-DI e UDI-PI;
    • tre da riempire una volta impiantato il dispositivo, e cioè nome e cognome del paziente operato, la data dell’intervento, la sede anatomica”. 

      Le sanzioni per il mancato rispetto di queste norme sono severe, con multe amministrative che vanno da 4.000 a 24.500 euro, come sottolineato dalla CAO nazionale.”

  2. Un team di ricercatori ha identificato un nuovo antibiotico, Zosurabalpin, che sembra essere efficace contro Acinetobacter Baumannii, patogeno resistente ai carbapenemi (CRAB). Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature, lo Zosurabalpin agisce in un modo completamente nuovo, interrompendo il trasporto di una tossina batterica alla membrana esterna della cellula. Questo approccio è diverso da quello di altri antibiotici approvati dalla FDA, e CRAB non ha ancora sviluppato resistenza a questo farmaco.
    Il farmaco è stato sviluppato in collaborazione tra la società farmaceutica svizzera Roche e l’Università di Harvard. Attualmente è in fase I. Sebbene i risultati iniziali siano incoraggianti, gli scienziati avvertono che è probabile che, nel tempo, anche a questo antibiotico emerga una resistenza, come è avvenuto per tutti gli antibiotici finora creati. Tuttavia, zosurabalpin rappresenta una nuova e importante arma contro batteri gram-negativi resistenti ai farmaci, che sono una delle maggiori sfide nella lotta contro le infezioni ospedaliere.

DALLA LETTERATURA

  1. Un recente studio longitudinale a 5 anni, pubblicato sul Journal Of Clinical Periodontology, ha esplorato le associazioni tra parodontite, scarsa igiene orale e ipertensione, esaminando anche il ruolo della infiammazione sistemica come possibile mediatore. Coinvolgendo 901 partecipanti di età compresa tra 50 e 73 anni, tutti inizialmente privi di ipertensione, lo studio ha utilizzato la profondità di sondaggio (PD) per valutare la gravità della parodontite e l’Indice di Placca per l’igiene orale. I risultati hanno rivelato che una maggiore media di sondaggio, una percentuale più alta di siti con PD ≥ 6 mm e una scarsa igiene orale erano associati a un aumento della pressione sanguigna sistolica e a un maggior rischio di ipertensione. La parodontite e una scarsa igiene orale erano inoltre associate a livelli più elevati di globuli bianchi (WBC) e proteina C-reattiva (CRP), indicatori di infiammazione sistemica, che a loro volta erano legati a un aumentato rischio di ipertensione. In conclusione, lo studio sottolinea che la parodontite e una scarsa igiene orale sono associate a un aumentato rischio di ipertensione, e che l’infiammazione sistemica gioca un ruolo parziale come mediatore di queste associazioni
  2. Uno studio prospettico randomizzato pubblicato sul Journal of Dentistry ha confrontato i tassi di successo e sopravvivenza delle corone in metallo-ceramica e dei restauri post endodontici con solo composito e perno in fibra. Lo studio ha coinvolto 82 denti di 62 pazienti, divisi casualmente in due gruppi: uno per le corone in metallo-ceramica e l’altro per i restauri.
    In conclusione, le corone in metallo-ceramica hanno mostrato un tasso di successo superiore rispetto ai restauri in resina composita, sebbene i tassi di sopravvivenza fossero simili tra i due gruppi. I restauri hanno richiesto più interventi di riparazione durante il loro ciclo di vita. Questi risultati suggeriscono che, nonostante la maggior conservazione della struttura dentale con il solo restauro post endo, le corone in metallo-ceramica potrebbero essere una scelta più affidabile a lungo termine.
  3. Uno studio condotto presso la University of North Carolina (UNC) at Chapel Hill School of Dentistry ha esaminato i denti trattati endodonticamente che sono stati sostituiti con impianti dentali. L’obiettivo principale era identificare le ragioni che hanno portato all’estrazione di questi denti e alla loro sostituzione con impianti. Inoltre, si è voluto valutare quante di queste estrazioni, secondo l’opinione di endodontisti esperti, avrebbero potuto essere evitate preservando i denti. Dall’analisi dei record elettronici dentali dell’UNC tra il 2004 e il 2019, si è scoperto che il 29.3% (1564 su 5229) dei denti sostituiti con impianti aveva ricevuto un trattamento canalare. Il molare inferiore era il dente più comunemente sostituito. Le principali cause di estrazione erano carie ricorrenti associate a restauri incongrui (26.6%), fratture della struttura coronale (21.5%), fratture verticali della radice (20.9%), condizioni parodontali compromesse (13.8%) e fallimento endodontico (2.4%). Endodontisti esperti hanno valutato che il 61.7% delle estrazioni dovute a fallimento endodontico avrebbe potuto essere trattato con un ritrattamento endodontico (?!). In conclusione, la principale causa di estrazione dei denti trattati endodonticamente era la significativa perdita di struttura dentale, seguita da fratture verticali della radice e malattie parodontali. Sebbene il fallimento endodontico costituisse una minima parte delle ragioni per l’estrazione, un numero considerevole di denti è stato estratto a causa di fratture verticali della radice dopo il trattamento canalare. È importante notare che una notevole percentuale dei denti estratti a causa di fallimenti endodontici avrebbe potuto essere considerata per un ritrattamento endodontico. Questi risultati sottolineano l’importanza di valutare attentamente le opzioni di trattamento alternative prima di procedere con l’estrazione di un dente trattato endodonticamente.

PER FARSI UN’IDEA

  1. Tirone è come sempre una miniera di bellezza, quando si tratta di postare video didattici di chirurgia. Sarebbe un peccato imperdonabile, quindi, non contribuire a diffonderli. Nella fattispecie, il materiale pubblicato qualche giorno fa rappresenta il primo di quattro capitoli sulla riabilitazione di una mandibola mediamente atrofica. Buona visione!

IL PUNTO DI FILO
La mia personale riflessione sulla settimana appena trascorsa e su un tema a me caro.

La settimana scorsa ti ho parlato di quei pazienti che pretendono di farsi trattare solo da te, ostacolando un flusso di lavoro più snello ed efficace. Nel concludere il mio Punto avevo accennato a una pratica piuttosto diffusa che tuttavia non condivido: il doversi giustificare con il paziente puntando sul discorso della specializzazione degli altri colleghi. Ecco, se posso essere franco, nel 90% dei casi questa è una bugia colossale (leggasi cazzata).

In pratica, noi vorremmo far credere al nostro paziente che la collega neo-laureata sia più brava di noi a fare una prima classe, confidando nell’ignoranza di chi abbiamo avanti.

Ti voglio svelare un segreto: i nostri pazienti saranno pure ignoranti, ma non deficienti. Spesso si accorgono quando mentiamo, e il motivo per cui non ce lo fanno notare è il rispetto che hanno nei nostri confronti: sono disposti a mettere in dubbio quella impellente sensazione di pancia pur di continuare a prestarci fiducia (anche perché, e questo è un discorso più profondo, mettendo in discussione le tue parole, dovrebbero riflettere sul perché ti hanno scelto come medico, con il rischio di potersene pentire).

Hai capito perché non obiettano alle tue cavolate?

“Ma è vero che il mio collega è specializzato nelle conservative di prima classe!”. Perché, tu no?!

Aspetta, hai ragione, non facciamo di tutta erba un fascio: se nel tuo Studio ti avvali della collaborazione di Scolavino che gestisce TUTTA, e ripeto, TUTTA la tua conservativa, posso anche darti ragione.

Insomma, se nell’organigramma della tua clinica leggessi: “Pinco Pallo (che saresti tu) odontoiatria pediatrica, Federico Tirone – chirurgia implantare e implanto-protesi, Giovanni Zucchelli – parodontologia, Marisa Roncati – prevenzione, Roberto Barone – chirurgia degli ottavi, Massimo Simion – chirurgia rigenerativa, Mario Semenza – Protesi, Arnaldo Castellucci – Endodonzia, Fabio Gorni – chirurgia endodontica, Marco Veneziani – conservativa indiretta, Salvatore Scolavino – conservativa diretta, Roberto Ferro – ortodonzia”; se, ti dicevo, vantassi una squadra di questo calibro, allora il discorso cambierebbe, e tu, caro il mio Pinco Pallo (che a questo punto non capisco cosa ci stia a fare lì dentro) potresti dire a ben ragione: “Vede, signor Fritzrman, per la cura di questa carietta la mando dal nostro consulente, che è il numero uno”.

In tutti gli altri casi, l’unico collega specialista è quello con la specializzazione (orto, chirurgia e odontoiatria pediatrica); il resto è rappresentato da dentisti più esperti di te in protesi, implantologia, endo, conservativa, ecc. A questi professionisti, se fanno parte della tua squadra, invierai il caso che non riesci a gestire da solo (il ritrattamento di un 46 con lo strumento fratturato, il grande rialzo di seno…).
Per tutte le prestazioni di routine, invece, dalla rimozione di una sutura, alla preparazione protesica di un 15, è davvero frustrante sparare la balla del collega specializzato.

Anche perché, lasciamelo dire per una volta, il tema dell’ultra-specializzazione ci sta un po’ sfuggendo di mano.

Io capisco che ognuno ha nelle mani ciò che fa più spesso, e questo rende necessario delegare le prestazioni che non sappiamo fare (o che non vogliamo più fare). Ma da qui a immaginare un mondo in cui ci sarà il collega che farà solo le conservative dirette, quello che farà solo le endo e quell’altro che si occuperà esclusivamente di protesi, mi pare simile all’inferno.

Il bello della nostra professione è che ci consente panorami operativi sterminati, con possibilità di variare continuamente. Ciò alleggerisce il peso di un’agenda che, altrimenti, rischierebbe di condurci alla disperazione.

Ricorda, non sto parlando di quella minuscola fetta di dentisti esclusivisti che hanno approfondito la loro materia al punto da farne una vera e propria professione (lavorando, dopo tutto, quasi esclusivamente su casi riferiti). No, il mio discorso è rivolto a quelli come me: odontoiatri che operano nel territorio, sia come consulenti che da titolari di studio, dovendo rispondere ogni giorno alle esigenze di una popolazione sempre più incerta, presuntuosa e fragile.

A volte torniamo a casa con la sensazione di aver operato in trincea: schivando i proiettili dello stress tra un’urgenza endodontica, un provvisorio che si decementa, e un ponte avvitato da consegnare come ultimo appuntamento.

Chi cerca di affrancarsi a forza da questa realtà, a mio avviso, oltre a perdersi la natura intrinseca dell’Odontostomatologia (che, ricordiamolo, interessa TUTTA la salute di denti e bocca), nasconde la testa sotto terra, fingendo di non accorgersi del contesto generale.
Chi continua a osannare l’ultra-specializzazione, insomma, contribuisce ad allevare un esercito di colleghi decerebrati che non prendono sulle spalle la carriera e lasciano ad altri il potere di decidere per loro quale sia il bene (o il male) di un paziente.

Ti piace fare GBR? Bravo, brava, ma ricorda che sei un dentista.

Ami la protesi su impianti? Ottimo, ma ricorda che sei un dentista.

Hai comprato il microscopio per migliorare la tua endo? Fantastico, ma ricorda che sei un dentista.

E voglio spingermi ancora oltre: sei specialista in orto? Bello, potrei aver bisogno di te, ma non dimenticare che sei dentista. Non ti si può sentire quando confessi che non sai fare una tronculare!

Ti supplico, soffia via lo strato di polvere accumulato sul diploma di laurea. Cosa c’è scritto: Dottore in ortodonzia? in Endodonzia? in All on Four?

Buona settimana,

Filippo Chelli

 

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Il segreto per fare una buona ricerca è sempre quello di essere un po’ sottoimpiegati. Si perdono anni non potendo sprecare ore.

Amos Tversky

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